Neurodivergenze

Neurodivergenze – Uno sguardo clinico per leggere le differenze

Per me occuparsi di neurodivergenze significa avere uno sguardo aperto e flessibile sulla mente umana. Significa sapere che non esiste un solo modo di percepire, sentire, imparare, pensare, muoversi nel mondo. E significa anche riconoscere che ciò che a volte viene interpretato come un sintomo o un disagio, può in realtà essere una forma diversa — e legittima — di funzionamento.

Non mi occupo solo di diagnosi o etichette: mi interessa accompagnare le persone nella comprensione di sé, nella possibilità di dare senso a ciò che vivono, e nell’esplorazione di modalità più efficaci per stare nel mondo, senza dover rinunciare a ciò che sono.

Cosa intendiamo oggi con neurodivergenza

Il termine neurodivergente non è un’etichetta medica, ma un concetto che nasce dalla neurodiversità: un modo di pensare alla varietà delle menti umane come a qualcosa di naturale, non patologico.

Rientrano nell’ambito della neurodivergenza condizioni come lo Spettro dell’Autismo, l’ADHD (disturbo da deficit di attenzione e iperattività), la Plusdotazione, ma anche quadri meno strutturati, come tratti sensoriali marcati, pensiero non lineare, iperfocus, ipersensibilità emotiva.

Non tutti i tratti neurodivergenti richiedono una diagnosi, né tutti portano necessariamente a sofferenza. Ma è importante riconoscerli, perché possono spiegare molte difficoltà che le persone si trovano a vivere — in famiglia, a scuola, sul lavoro o nelle relazioni.

Il mio approccio clinico alle neurodivergenze

Nel mio lavoro non parto mai da un’etichetta, ma da una domanda: questo modo di essere, di percepire, di sentire, come può essere capito meglio se lo guardiamo anche come una possibile forma di neurodivergenza?

Questo approccio significa:

  • Non cercare “cosa non va”, ma capire “come funziona”.

  • Non giudicare ciò che è diverso, ma dargli un senso.

  • Non ridurre la persona a una diagnosi, ma partire dalla persona specifica che ho davanti.

Valutare le neurodivergenze in chi mi chiede aiuto non è mai un processo automatico. È un lavoro di osservazione clinica, ascolto, dialogo, confronto con la storia personale e con gli effetti che certi tratti hanno sulla vita quotidiana; i test sono solo una delle componenti del processo. E questo è, soprattutto, un processo condiviso.

Quando la neurodivergenza spiega o si intreccia con altri sintomi

In molti casi, le persone arrivano in terapia portando sintomi: ansia, difficoltà relazionali, fatica nella gestione del tempo, burnout, senso di inadeguatezza, difficoltà di autoregolazione emotiva. A volte si è già parlato di depressione, di disturbi di personalità, di disturbi alimentari.

Ma dietro quei sintomi, o accanto ad essi, può esserci un tratto neurodivergente che nessuno ha mai visto, o che è stato frainteso.

  • Una persona con ADHD può sembrare disorganizzata, impulsiva o “pigra”, quando in realtà è in lotta costante con un sistema attentivo diverso.

  • Una persona nello spettro autistico può essere stata etichettata come “fredda”, “strana” o “rigida”, quando in realtà ha un funzionamento sensoriale e comunicativo molto specifico.

  • Una persona plusdotata può essere letta come arrogante o instabile, mentre sta semplicemente cercando un senso in un mondo che non riesce a stimolarla o comprenderla.

Lo sguardo clinico sulle neurodivergenze permette di riscrivere queste narrazioni. E, nel farlo, cambia tutto.

Adolescenti e adulti: quando la diagnosi arriva tardi

Molte persone scoprono di essere neurodivergenti solo in età adulta, o da adolescenti, quando qualcosa “non torna”: relazioni complicate, carriere interrotte, esaurimenti emotivi ricorrenti, difficoltà mai spiegate a scuola, vissuti di inadeguatezza cronica.

Il mio lavoro si concentra proprio su questi momenti: quando si cerca una chiave di lettura nuova, o quando si intuisce che alcune caratteristiche personali hanno radici profonde — e che forse non sono solo “difetti” da correggere.

Con adolescenti e giovani adulti lavoro spesso su temi come:

  • Il senso di diversità o solitudine nel gruppo dei pari

  • Le difficoltà di concentrazione e gestione degli impegni scolastici o universitari

  • Le oscillazioni emotive e il bisogno di autenticità

  • Il rapporto con le aspettative familiari e sociali

Con adulti, invece, il focus può andare su:

  • La rielaborazione di una storia personale con punti ciechi

  • Il burnout da iperadattamento

  • La difficoltà a stare dentro ruoli o relazioni “rigide”

  • Il desiderio di capire se stessi in modo nuovo e più profondo

Formazione e competenze specifiche

In particolare cerco di aiutare adolescenti e adulti che rientrano in queste macro categorie:

  • Autismo di Livello 1;

  • ADHD (disturbo da deficit di attenzione e iperattività);

  • Plusdotazione;

  • Alta Sensibilità

La mia formazione è continua e fondata, oltre che su corsi e master, su una lettura integrata dei quadri clinici, alla luce delle più recenti ricerche internazionali e delle esperienze cliniche quotidiane.

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